Farmacie rurali tra criterio topografico e interesse delle comunità

Si parla tanto di migliorare i servizi sanitari e farmaceutici di prossimità, tra cui rientrano le farmacie rurali, anche nell’ottica di raggiungere gli obiettivi fissati dal PNRR. Nella pratica, però, per molti operatori, prevalgono i timori di vedersi intaccato il bacino d’utenza.

(Di questo abbiamo già parlato in questo blog: clicca qui e qui per leggere.

L’apertura di nuove farmacie nelle aree rurali

La distribuzione dei farmaci nelle aree rurali, spesso disagiate e remote a causa di collegamenti viari inadatti alla vita moderna, è un problema. Le necessità di ripensare alla medicina territoriale e di dotarla di risorse sono diventate vere e proprie emergenze.

Forse è per questo che la Giurisprudenza amministrativa (nel solco già tracciato da numerosi precedenti), ha deciso che l’interpretazione delle norme che limitano l’apertura di nuove farmacie nelle aree rurali va utilizzata in senso estensivo.

Il TAR Abruzzo ha espressamente riconosciuto il valore preminente all’interesse pubblico di assicurare la massima diffusione del servizio farmaceutico anche in zone svantaggiate, rispetto a quello che ha definito «l’interesse protezionistico delle farmacie precedentemente insediate». (Sentenza n. 370/2022)

Nel caso di cui si è occupato il Tribunale amministrativo della Regione Abruzzo, il problema stava in 600 metri di (mancata), distanza tra due farmacie esistenti, la prima già avviata nel centro del piccolo insediamento rurale, la seconda di recente apertura, a 2.400 metri, in prossimità di una frazione mal servita dai collegamenti.

Normativa e interessi tutelati per l’apertura di farmacie rurali

Le leggi applicabili alla materia sono:

I criteri generali che regolano la distribuzione delle farmacie sul territorio sono:

  • quello topografico;
  • quello demografico.

Anche la classificazione delle farmacie è distinta in due diverse categorie:

  • farmacie urbane, situate nei comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti;
  • farmacie rurali situate in comuni, frazioni o centri abitati con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti.

La prima norma citata dispone che possano essere autorizzate aperture di una nuova farmacia ogni 3.300 abitanti. La seconda norma prevede una deroga alla prima. Quando particolari condizioni topografiche e di viabilità lo richiedano, Le Regioni possono infatti stabilire deroghe ai limiti che siano congrue per assicurare l’assistenza farmaceutica alla popolazione. La procedura prevede che siano sentiti l’unità sanitaria locale e l’ordine provinciale dei farmacisti competenti per territorio.

 

La Giurisprudenza anche comunitaria sull’apertura di farmacie rurali

Il Tribunale amministrativo ricorda che gli interessi da valutare nella interpretazione delle norme sono differenti e che la finalità di assicurare un’equa distribuzione delle farmacie sul territorio consente di considerare flessibile il limite dei 3 km.

Le autorità devono tenere conto della distribuzione dei residenti in aree scarsamente abitate o penalizzate da orografia e viabilità.

Il Tar ha letteralmente dichiarato: «Le farmacie rurali, istituite sulla base del criterio topografico […] possono essere istituite anche ad una distanza inferiore a 3000 metri rispetto alla farmacie esistenti, sulla base di una attenta valutazione da effettuare in relazione alla singola fattispecie concreta».

Questo approccio interpretativo trova sponda anche nella normativa e nella giurisprudenza europea.
La Corte di Giustizia UE ha avuto infatti occasione di affermare che per assicurare un servizio farmaceutico adeguato, le autorità competenti possono fornire interpretazioni della regola generale, ogni volta che la sua rigida applicazione rischi di non garantire un accesso adeguato al servizio farmaceutico. Il riferimento è alla sentenza della Corte di Giustizia CE n. 570 del 1 giugno 2010, nella causa C570/07.

Gli studi sulla liberalizzazione delle farmacie confermano i dubbi

Lo studio di Banca d’Italia «Liberalizing the opening of new pharmacies and hospitalizations», condotto da Andrea Cintolesi e Andrea Riganti è molto interessante e contiene tutti gli elementi per innescare una discussione profonda e scuotere il mondo della distribuzione dei farmaci.

Il ruolo delle farmacie nella prevenzione dei ricoveri

L’ipotesi di studio è che i ricoveri meno gravi possano essere prevenuti o abbreviati dall’accesso alle farmacie.

Si parla dei ricoveri in ospedale trattati essenzialmente con farmaci che, se condotti all’attenzione anticipata del farmacista, possono essere evitati e correttamente instradati a domicilio, con un significativo risparmio per la collettività sulla spesa sanitaria complessiva.

Ipotesi: la liberalizzazione delle farmacie riduce i ricoveri in ospedale

I ricercatori traggono dall’analisi dei dati alcune importanti informazioni. Tra queste, la constatazione che il consumo di farmaci non sia aumentato quando il Decreto legge 24/1/2012, noto come «Cresci Italia» ha consentito l’apertura di nuove farmacie.

L’ipotesi suggerita è che le farmacie contribuiscano a ridurre i ricoveri perché svolgono il ruolo di fornire informazione ai pazienti. Le farmacie, in particolare, possono avere diversi impatti sui pazienti che si rivolgono a loro al comparire di sintomi:

  • l’effetto informativo
    Rivolgersi alla farmacia può suggerire ad alcuni pazienti che non ne avevano l’intenzione, di recarsi in ospedale.Altri potrebbero essere indotti a non farlo, come stavano pianificando.
  • L’effetto sostituzione
    Succede che alcuni pazienti decidono di andare in farmacia prima di andare in ospedale, come farebbero altrimenti, ma poi rinunciano al ricovero grazie ai servizi ricevuti in farmacia.
  • L’effetto prevenzione
    Le farmacie possono fornire prontamente farmaci e consigli per malattie molto lievi ai pazienti che altrimenti avrebbero aspettato. La prevenzione del peggioramento delle loro condizioni scoraggia così futuri costosi ricoveri.

Le farmacie apportano indubbi vantaggi alla gestione dei pazienti e possono limitare le ospedalizzazioni, ma quello che preoccupa questo mondo è il sillogismo che fa dipendere da questo beneficio la liberalizzazione delle aperture.

La conclusione dello studio, neanche troppo sottintesa, è che la liberalizzazione delle farmacie rappresenti un forte incentivo alla massimizzazione dei benefici appena ricordati.

Questa costruzione logica però va dimostrata.

 La liberalizzazione delle farmacie riduce il prezzo dei farmaci?

Può aiutare a rispondere, un altro studio molto interessante, che ha affrontato il tema delle ricadute sul sistema sanitario della liberalizzazione delle farmacie.
Si tratta del conference paper: «Liberalization in the pharmacy sector» di Sabine Vogler.

La ricerca, estesa ai principali paesi europei, arriva ad alcune conclusioni che meritano attenzione.

La liberalizzazione della farmacia, nella definizione offerta dalla ricerca, comprende una o più delle seguenti componenti:

  • liberalizzazione delle regole per la creazione di nuove farmacie;
  • liberalizzazione della proprietà delle farmacie;
  • liberalizzazione della vendita dei farmaci OTC al di fuori delle farmacie.

Tutti questi temi sono molto delicati, una volta calati nel mercato italiano.

La sintesi delle conclusioni a cui la ricerca arriva grazie alla raccolta di numerosi dati che riguardano altrettanti paesi, è che la liberalizzazione delle farmacie non abbia effetti univoci.

La liberalizzazione delle farmacie e gli aspetti problematici

La ricerca evidenzia, tra i principali problemi individuati, che la liberalizzazione favorisce le popolazioni urbane che già godono di una buona accessibilità alle farmacie.

Raramente, infatti, le nuove farmacie e gli ulteriori dispensari vengono istituiti fuori dalle aree urbane, quindi, non cambiano la situazione delle aree rurali e remote, anzi, aumentano il divario tra le due popolazioni di pazienti.

Un ulteriore effetto negativo è la comparsa di fenomeni di distorsione della concorrenza.

Uno di questi è la concentrazione delle farmacie nelle mani di pochi player del mercato della distribuzione, che possono dare vita a catene fortemente integrate.

Questo fenomeno aumenta la possibilità di carenze nella disponibilità dei prodotti che vengono richiesti meno frequentemente.

Con obiettività, infine, la ricerca arriva a escludere che la liberalizzazione delle farmacie abbia, in sé, la facoltà di ridurre sensibilmente i prezzi dei farmaci, ma sottolinea i contenuti delle due tesi contrapposte.

Da una parte, i sostenitori della liberalizzazione dell’apertura delle farmacie sono certi che l’aumento della concorrenza porti a una migliore accessibilità.

Dall’altra, invece, i sostenitori del mercato regolato, esprimono preoccupazione per il possibile declino della qualità dei servizi farmaceutici.

 

Avvocato Samuele Barillà