DATA MATRIX cos’è e perché è stato scelto come dispositivo anticontraffazione per i farmaci

Il 9 febbraio del prossimo anno entrerà in vigore nel nostro Paese, salvo proroghe, la Falsified Medicine Directive, direttiva UE per l’anticontraffazione e la tracciabilità dei medicinali.

Ne abbiamo già parlato in questo blog in questo articolo e questo articolo.

Il provvedimento adegua la normativa nazionale alle disposizioni già in vigore:

  • Regolamento delegato (UE) 2016/161;
  • Direttiva 2001/83/CE;
  • Legge delega 15/2024.

Per contrastare la contraffazione dei farmaci, la FMD prevede l’introduzione di un nuovo sistema di tracciabilità dei farmaci grazie, tra l’altro, a un codice univoco chiamato Data Matrix e all’apposizione di un nuovo dispositivo anticontraffazione che andrà a sostituire il bollino apposto dal Poligrafico di Stato.

Cos’è il Data Matrix

Il Data Matrix è un codice bidimensionale composto da una matrice formata da celle (o moduli) bianchi e neri. Può avere forma quadrata o rettangolare e può contenere fino a 2.335 caratteri alfanumerici e 3.116 caratteri numerici e viene letto, in ogni direzione, con molta facilità, da scanner barcode 2D.

La sua capacità di ospitare una grande quantità di dati in pochissimo spazio lo rende molto apprezzato dal mercato industriale e commerciale, ma ci sono altre due caratteristiche che ne hanno imposto l’utilizzo in numerosi ambiti, compreso quello dell’anticontraffazione dei farmaci, ma anche nei settori aerospaziale e automotive:

  • affidabilità dell’algoritmo; questo, chiamato Reed Solomon consente di correggere eventuali errori di codifica;
  • facilità di stampa o marcatura (compreso il laser), anche nelle piccole dimensioni.

La differenza tra Data Matrix e il QR Code

Sia i codici QR (Quick Response) che i Data Matrix sono codici matrice bidimensionali, di dominio pubblico e possono essere utilizzati senza il pagamento di royalty.

Tuttavia i codici Data Matrix sono diventati lo standard per le misure anticontraffazione, l’identificazione dei componeti di prodotti industriali e il tracciamento dei prodotti perché presentano tecniche avanzate di correzione degli errori più efficaci rispetto ai codici QR.

I codici QR vengono prevalentemente impiegati nelle applicazioni commerciali rivolte al pubblico dei consumatori. Possono essere trovati ovunque, dai biglietti da visita, alle confezioni dei prodotti, alle brochure, come collegamenti a siti Web, menù dei ristoranti, curriculum e via dicendo.

I codici QR sono però più facilmente deteriorabili. È sufficiente che il 30% di un QR code sia danneggiato perché il codice sia inutilizzabile e diventi illeggibile. È evidente che l’industria, per gli impieghi più delicati ha mostrato una decisa preferenza per il Data Matrix.

Le best practice per l’utilizzo dei Data Matrix

L’implementazione dei codici Data Matrix in un processo di produzione può migliorare significativamente la tracciabilità, l’efficienza e la precisione nell’immissione sul mercato dei prodotti di una industria e agevolarne la tracciabilità lungo tutta la filiera di distribuzione, anche se complessa come quella dei medicinali.

Per sfruttare appieno i vantaggi di questa tecnologia, sono disponibili best practice per ogni settore di applicazione.

Queste, a secondo dell’impiego comprendono linee guida per:

  • applicare il codice in una posizione che ha meno probabilità di essere danneggiata o esposta a condizioni difficili;
  • utilizzare metodi di marcatura diretta delle parti come la il laser o la micropercussione per stampigliare un codice durevole e permanente, in grado di resistere all’usura;
  • testare e verificare regolarmente la leggibilità del codice durante tutto il processo di produzione;
  • incorporare apparecchiature di scansione avanzate in grado di leggere facilmente i codici Data Matrix, anche se parzialmente oscurati o danneggiati.

Il dibattito tra le parti interessate ora riguarda la concreta fattibilità dell’introduzione di questo nuovo sistema e soprattutto il destino dell’attuale tributo versato al Poligrafico di Stato, a fronte dell’emissione del bollino univoco che verrà sostituito dal Data Matrix. A quanto pare le proposte inoltrate dai rappresentanti della filiera, come il contributo virtuale, non hanno incontrato il favore del Governo.

di Samuele Barillà

I farmaci equivalenti e il loro effetto sul mercato

La presentazione dell’edizione 2024 dell’Osservatorio di Nomisma ed Equalia sull’industria dei farmaci equivalenti propone una serie di riflessioni di scenario sul mercato dei medicinali generici in Italia.

Per l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), il farmaco equivalente ha «principio attivo, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, dosaggio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali a un farmaco di riferimento a cui è scaduta la copertura brevettuale».

La definizione, per i farmaci con obbligo di ricetta medica, è stata introdotta in Italia con la legge 149 del 2005. La norma prescrive che sulla confezione esterna e sul bugiardino sia marcato “Medicinale Equivalente”.

I farmaci equivalenti e i farmaci generici sono la stessa cosa, al momento di ricevere l’autorizzazione per l’immissione in commercio, il ministero ne certifica la bioequivalenza. Il farmaco biosimilare invece non è identico al farmaco originale brevettato, ma è altamente simile per composizione e dosaggio a quello originale. Un farmaco equivalente non può essere messo in commercio se il brevetto del medicinale di marca non è ancora scaduto.

 

La sofferenza delle industrie produttrici di farmaci equivalenti

La concorrenza nel settore di produzione farmaceutica dei medicinali equivalenti è in progressiva regressione (-10% di aziende per effetto di chiusure e fusioni, secondo Unioncamere).

Le imprese sono sofferenti per l’erosione dei propri margini di profitto dovuta prevalentemente all’aumento generalizzato dei prezzi che ha riguardato:

  • I costi di produzione (energia, materie prime, materiali per il packaging, costo del lavoro);
  • gli oneri regolatori (aumento delle spese per pratiche di registrazione e autorizzazione alla vendita);
  • i prezzi ex factory, ovvero quelli imposti al farmaco prima del calcolo dei costi di distribuzione, che sono stabiliti unilateralmente da AIFA;
  • il massimo ribasso come criterio di aggiudicazione nelle gare pubbliche per l’approvvigionamento.

 

I medicinali generici come risposta alla carenza di farmaci

Il problema della carenza di farmaci (di cui abbiamo già parlato in un articolo di questo blog), ha raggiunto livelli importanti in tutto il mondo, ma l’Italia è uno dei paesi che ne soffre maggiormente.

Negli ultimi cinque anni, secondo l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), il numero di farmaci a rischio carenza nel nostro Paese, è passato da circa 1.600 a oltre 3.700. Il 44% delle carenze registrate nel 2024 è dovuta alla cessazione definitiva della commercializzazione, una metà del rimanente è legata a problemi di produzione, spesso derivanti dalla difficoltà di reperire il principio attivo prodotto da paesi extraeuropei (soprattutto India).

Di dieci dei farmaci a rischio di carenza, almeno otto hanno un corrispettivo equivalente. Nel 2023, in Europa, il 70% del volume dei medicinali oncologici e antidiabetici e l’82% dei farmaci immunologici sono equivalenti.

Questi dati consentono a Nomisma ed Egualia di definire impensabile un mercato farmaceutico senza generici.

Gli interventi necessari su payback, gare pubbliche e prezzi ex factory

Secondo i principali osservatori dall’analisi emerge la necessità di interventi urgenti, in primis su payback, prezzi ex factory e meccanismi di aggiudicazione per le gare pubbliche.

Il payback è un meccanismo che impone alle aziende fornitrici di dispositivi medici e produttrici di farmaci rimborsabili dal SSN di restituire una quota del proprio fatturato se la spesa complessiva delle Regioni ha superato i limiti stabiliti. Gli importi vengono definiti da AIFA. Questo meccanismo è spesso contestato, in particolare quando riguarda i farmaci generici per la ragione che i margini di profitto su questa categoria di farmaci è già molto ridotta per le case farmaceutiche.

I produttori non hanno introiti adeguati sui medicinali equivalenti anche perché devono ripianare gli errori di programmazione o gli eccessi di spesa delle Regioni e sono così disincentivati a produrli.

Andrebbe anche ripensata la spesa destinata alla ricerca e alle politiche per favorire il ritorno della produzione dei principi attivi nel nostro Paese (reshoring) o quantomeno nel continente europeo. La produzione interna sarebbe un fattore di emancipazione dal controllo esercitato dai principali produttori extraeuropei.  (Per alcune considerazioni sul tema del reshoring vedi questo articolo pubblicato sul blog).

Quanto alla necessità di mettere mano al meccanismo dell’imposizione dei prezzi ex factory, il discorso è piuttosto articolato.
AIFA concede l’autorizzazione alla immissione in commercio di farmaci -anche generici- a fronte di una contrattazione con le Aziende Farmaceutiche (ai sensi della Legge 326/2003 art. 48, comma 33), e sulla base di criteri indicati nella delibera CIPE  «Individuazione dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci» (n. 3 del 1 febbraio 2001).

Al prezzo imposto ex factory, ovvero all’uscita della fabbrica, andranno aggiunti, ricalcolandoli in proporzione, i margini per i distributori, grossisti e farmacisti.

Questo meccanismo è fortemente contestato dalle categorie. È di pochi giorni fa (24 ottobre 2024), la notizia che sono portate all’attenzione del ministero forti preoccupazioni sulle disposizioni contenute nel disegno di legge della Manovra 2025 che prevede la riduzione delle quote di spettanza delle aziende produttrici di farmaci a favore della distribuzione intermedia.

In sostanza i prezzi al pubblico dei farmaci rimarrebbero invariati ma al loro interno, grazie alla manovra, la percentuale destinata ai produttori sarebbe erosa in favore dei distributori.

La possibile contrapposizione di interessi tra produttori e distributori rischia di di creare, comunque, degli attori perdenti nella filiera del farmaco.

L’argomento è spinoso e il dibattito appena avviato merita di essere monitorato per successivi approfondimenti.

 

Samuele Barillà

Studio Legale Barillà: Premio Boutique di eccellenza dell’anno di Le Fonti Pharma

L’avvocato Samuele Barillà ha ritirato, per il secondo anno consecutivo, il Premio Le Fonti Pharma che il suo studio ha conseguito come «Boutique di Eccellenza dell’Anno – Leadership Diritto Farmaceutico e Distribuzione del Farmaco».

Il premio è stato ritirato, con il socio Andrea Facchini, durante la serata di gala organizzata a Milano, Palazzo Mezzanotte il 10 ottobre 2024.

La cerimonia, presentata da Valentina Buzzi, Anchor di Le Fonti, è stata preceduta dal CEO Summit, spazio di approfondimento e dibattito su alcune tematiche di business, come leadership e innovazione.

La serata si è conclusa con la premiazione di professionisti e studi che il comitato di Le Fonti ha considerato essere delle eccellenze per  leadership, innovazione e sostenibilità.

Lo Studio ottiene un rinnovato riconoscimento che premia la profonda expertise di diritto farmaceutico, coltivata con costanza e la qualità del lavoro prestato in questi anni, in particolare, a favore di imprese di distribuzione del farmaco, consorzi e associazioni.

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Lo Studio Legale Barillà

Lo Studio, fondato vent’anni or sono, affianca imprese e in particolare distributori farmaceutici e li assiste per tutte le necessità aziendali e societarie, dai rapporti con le farmacie e con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), alla negoziazione e redazione della contrattualistica specifica del settore, come la movimentazione dei prodotti, nella consulenza sulla normativa di settore, nell’assistenza nella gestione del credito, anche nella fase patologica, attraverso il recupero con procedimenti ordinari di esecuzione o nell’ambito di fallimenti o procedure concorsuali.

Lo studio ha sviluppato competenze specifiche nel diritto societario acquisendo una specifica expertise nell’assistenza alle aziende del settore farmaceutico:

  • recupero credito farmaceutico;
  • costituzione societarie, fusioni, acquisizioni e operazioni straordinarie per farmacie;
  • crisi dell’impresa del settore farmaceutico;
  • diritto della distribuzione del farmaco;
  • diritto bancario, finanziario e rapporti con gli istituti di credito.

Lo studio inoltre difende i clienti nei contenziosi avanti all’autorità giudiziaria, in tutti i gradi del giudizio, anche avanti le sezioni specializzate di Tribunali e le Corti superiori (Consiglio di Stato e Corte di Cassazione), anche promuovendo arbitrati, mediazioni o cause per la tutela degli interessi dei clienti.

Anticontraffazione e tracciabilità: i dubbi per i distributori dei farmaci

Il 9 febbraio 2025 è prevista l’entrata in vigore della Falsified Medicine Directive, la direttiva UE per l’anticontraffazione e la tracciabilità dei medicinali. Dopo una legge delega e un decreto legislativo, l’iter continua con le audizioni in Senato, ma tra gli invitati mancano i grossisti e i distributori di farmaci.

Di Samuele Barillà

 

L’audizione in Senato per l’entrata in vigore della FMD

Lo scorso primo ottobre in Senato, avanti a Francesco Zaffini Presidente della X Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale), si è svolta l’audizione dei rappresentanti di associazioni ed enti sullo schema di Decreto Legislativo AG 198.

Il provvedimento riguarda l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento delegato (UE) 2016/161, che a sua volta integra la Direttiva 2001/83/CE e segue la Legge delega 15/2024. La nuova normativa, come gli operatori sanno bene, prevede l’introduzione di un nuovo sistema di tracciabilità dei farmaci da attuare con l’introduzione di un codice univoco chiamato Datamatrix, e l’apposizione di un dispositivo anticontraffazione sulle confezioni dei farmaci.

L’Italia ha goduto di una proroga per la messa a regime delle nuove norme perché già dotata di sistemi efficaci per prevenire la manomissione e per garantire il tracciamento dei medicinali.  Gli altri paesi membri dell’Unione hanno già adottato la direttiva, ma operano ancora in regime transitorio. Le nuove norme infatti comportano la necessità di notevoli adeguamenti tecnici e procedurali lungo tutta la filiera e generano potenzialmente numerose criticità.

 

Ne abbiamo parlato in questo articolo del blog, e in questo articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore.

 

I player invitati all’audizione hanno insistito per un regime transitorio

All’audizione di Palazzo Madama erano presenti, per AIFA, il direttore Pierluigi Russo; per Equalia: il presidente Stefano Collatina e Adriano Pietrosanto, direttore area tecnico scientifica, produzione industriale e qualità; per Farmindustria: il presidente Marcello Cattani e Carlo Riccini, vicedirettore; per Federchimica Assosalute: il presidente Michele Albero e Valentina Arceri, della direzione centrale relazioni istituzionali.

La maggior parte dei presenti ha messo in evidenza come l’applicazione di questa normativa richieda uno sforzo congiunto della filiera farmaceutica, delle agenzie e associazioni di categoria coinvolte, che dovranno fornire il necessario supporto tecnico al governo.

Durante i loro interventi, praticamente tutti i rappresentanti, hanno messo in evidenza la necessità che il governo emani una normativa transitoria, peraltro prevista dalla legge delega  21/2/2024 n. 15.

Qualcuno ha anche sottolineato che sia lecito aspettarsi anche correttivi a livello di Unione Europea, dato che numerosi altri paesi condividono le difficoltà insite nella applicazione concreta della disciplina.

Il percorso di transizione dovrà garantire alle imprese di conoscere nel dettaglio le prescrizioni della nuova normativa per adeguarsi e garantire la continuità delle forniture poiché è impensabile che il sistema di produzione e distribuzione si fermi senza impatti estremamente critici sulla carenza di farmaci che danneggia soprattutto gli utenti finali.

La norma, per entrare in funzione, richiede l’emanazione di numerosi decreti attuativi alla stesura dei quali i diversi player hanno dichiarato la loro disponibilità a collaborare con il governo, fornendo supporto tecnico e regolatorio.

 

L’invito ai distributori di farmaci è arrivato dopo l’audizione 

Fin qui i contenuti sintetici dell’audizione che ha tuttavia evidenziato alcune carenze preoccupanti, prima fra tutte l’assenza dei rappresentanti dei distributori e dei grossisti.

Le figure dei distributori e grossisti sono di assoluto rilievo nella filiera farmaceutica italiana, dato il ruolo cruciale loro assegnato dalla normativa nazionale (DLgs 219/06) e considerato che in Italia i produttori esternalizzano la gestione di magazzini, logistica e trasporti, in misura pressoché totale.

Già qualche osservatore ha notato che la norma, così come è dato conoscerla, non distingue le due figure di grossista e depositario come il mercato italiano le conosce.

«Anche il progetto sulla tracciabilità, istituito con Decreto del Ministero della Salute il 15 luglio 2004, differenzia le due attività identificandole con le due diverse lettere G per i distributori/grossisti e D per i depositari», ha fatto notare Assoram in una recente uscita di stampa.

Il legislatore nazionale distingue tra le due figure perché sono caratterizzate da ruoli differenti e sottoposti a distinti meccanismi autorizzativi:

  • il grossista acquista i medicinali e li distribuisce agendo in proprio;
  • il depositario invece gestisce magazzino e logistica per conto del proprietario dei medicinali per contratto.

Conseguentemente, non sembra ancora molto chiaro come si ponga la FMD in merito, stante l’evidente diversità tra chi acquista per distribuire e chi gestisce prodotti per conto terzi.

Occorre, poi, considerare come conciliare la diversità di prospettiva tra FMD e normativa italiana di settore, che rischia di creare frizioni esattamente nella distribuzione, punto di giunzione di entrambe.

 

Due ratio diverse, le norme per i distributori dei farmaci

La ratio della FMD, che dovrebbe entrare in vigore il 9 febbraio 2025, è principalmente perseguire la contraffazione.

Il DLgs 219/06 (per la parte d’interesse) e Decreto Ministeriale 6 luglio 1999, sulle buone pratiche di distribuzione si preoccupano di disciplinare la corretta gestione del farmaco, nel suo percorso intermedio dal produttore alla farmacia.

Ad esempio, l’articolo  2.4 del Decreto Ministeriale 6 luglio 1999 recita: «Ogni operazione va documentata  al  momento   della  sua effettuazione in modo  da consentire di tracciare la  storia di tutte le  attività o  dei fatti  significativi. Le documentazioni saranno chiare e prontamente disponibili e vanno conservate per almeno cinque anni  o  per  periodi  più  lunghi  se  diversamente  stabilito  da specifiche disposizioni di legge».

In concreto, le buone pratiche impongono il tracciamento dell’attività nel suo complesso, mentre la FMD impone il tracciamento di ciascuna confezione.

La diversità di ratio è evidente, da un lato si traccia il lotto, dall’altro il singolo prodotto e la compatibilità tra le norme è tutta da verificare.

C’è dunque ancora molto lavoro da fare per consentire l’implementazione di un nuovo sistema che dovrebbe soppiantare l’attuale costituito da bollino del Poligrafico e dalla normativa integrata dalle buone pratiche.

Questo lavoro non potrà prescindere dal contributo dei grossisti, dei depositari e dei distributori indipendenti, anelli non secondari della catena che porta il farmaco dalla fabbrica alle case dei pazienti.

È di pochi giorni fa la notizia che alcune tra le principali sigle di rappresentanti dei distributori sono state invitate alle prossime audizioni.

 

 

«Medicinali, arriva il codice identificativo unico europeo», nuovo intervento di Samuele Barillà su Il Sole 24 Ore

Pubblicato l’11 settembre da Il Sole 24 Ore Norme e Tributi, l’intervento dell’avvocato Samuele Barillà sull’entrata in vigore del Codice identificativo europeo in tema di tracciabilità dei farmaci.

Per leggere l’articolo su Il Sole 24 Ore clicca qui 

 

Comunitario e Internazionale

Medicinali, arriva il codice identificativo unico europeo
di Samuele Barillà

11 Settembre 2024

Un altro passo verso l’armonizzazione delle norme nazionali con quelle europee in tema di lotta alla contraffazione di farmaci con il decreto legislativo passato all’esame preliminare del Consiglio dei ministri del 30 agosto.

Le fonti legislative e regolamentari alle quali il decreto fa riferimento sono:

  • il codice relativo ai medicinali per uso umano adottato con direttiva 2001/83/CE;
  • la Fmd (Falsified medicine directive), direttiva 2011/62/UE;
  • il regolamento delegato UE 2016/161.

Il sistema di tracciamento dei farmaci è entrato in vigore il 9 febbraio 2019 nei 28 Paesi membri Ue oltre all’Islanda, al Liechtenstein e alla Norvegia ed è basato sull’apposizione di un codice identificativo univoco bidimensionale detto datamatrix e su un dispositivo hardware antimanomissione sulle confezioni dei farmaci. L’Italia, con Belgio e Grecia, hanno goduto di una proroga fino al 9 febbraio 2025, perché la normativa nazionale prevedeva già di un sistema di tracciabilità e controllo molto avanzato basato, nel caso del nostro Paese, sul database unico nazionale e sul bollino autoadesivo emesso dall’Istituto Poligrafico dello Stato.

Il provvedimento interessa solo i farmaci per i quali è prevista la prescrizione medica e impatta su tutta la filiera, dalle case produttrici a grossisti e distributori intermedi, ai gruppi di farmacisti, ai distributori ospedalieri fino a farmacisti e dispensatori ospedalieri.

Con l’armonizzazione definitiva di queste norme, le imprese del settore entreranno in una fase transitoria per la quale il Consiglio dei ministri non è entrato ancora nel dettaglio. Il decreto infatti si limita a richiamare espressamente il contenuto di alcuni articoli del regolamento delegato UE 2016/161. L’adeguamento riguarda:

  • l’archivio nazionale delle informazioni sulle caratteristiche di sicurezza dei medicinali;
  • l’apposizione del codice identificativo univoco europeo Datamatrix;
  • l’apposizione del dispositivo antimanomissione sulle confezioni;
  • le procedure di vigilanza e sorveglianza del mercato dei farmaci;
  • la definizione del sistema sanzionatorio.

Oggi il tracciamento dei farmaci dalla casa produttrice alla dispensazione finale in farmacia od ospedale, è garantita dall’apposizione di bollini adesivi realizzati dal Poligrafico di Stato e dal riscontro della sua presenza nel data base nazionale, utilizzato anche ai fini della sua rimborsabilità. Con il nuovo regime, il produttore, titolare della autorizzazione alla immissione in commercio (Aic), genera e inserisce il codice in un archivio nazionale collegato a un database europeo. Questo codice andrà verificato durante il percorso e chiuso dal farmacista all’atto della dispensazione.

Grossisti e distributori dovranno controllare l’identificativo univoco confrontandolo con gli identificativi univoci conservati nel sistema di archivi e considerare autentici i codici attivi che corrispondono al numero di serie del farmaco che stanno verificando.

La prima criticità tecnica è rappresentata dunque dalla capacità di dialogo tra i due database, quello nazionale e quello europeo, in termini di adattamenti software (e probabilmente hardware), e di protocolli di gestione del dato e della sua sicurezza.

Grossisti e distributori intermedi potranno eliminare il codice solo in alcuni casi tassativi, ovvero quando intendono distribuire il farmaco al di fuori dell’Unione o i medicinali sono restituiti da soggetti autorizzati e non possono essere reinseriti nello stock destinato alla vendita, ovvero sono destinati alla distruzione o sono campioni richiesti dalle autorità competenti.

In ogni altro caso il codice andrà validato e rimosso solo dal farmacista all’atto della dispensazione. Se manca la corrispondenza si è davanti a una anomalia, quindi potenzialmente a un farmaco contraffatto.

Le sanzioni per il mancato rispetto delle prescrizioni sono piuttosto onerose e il rispetto di queste norme impone alle aziende del comparto adeguamenti dei sistemi di stoccaggio e confezione che riguarderanno in particolare distributori e farmacisti.

Intervento di Samuele Barillà su Il Sole 24 Ore sui marketplace onlineper farmaci

Il quotidiano Il Sole 24 Ore del 13 agosto ha pubblicato un intervento a firma dell’avvocato Samuele Barillà sulla questione sollevata dalla della Corte di Giustizia Europea del 29 febbraio 2024 emessa nella causa C-606/21 e relativa alla possibilità di realizzare piattaforme online di tipo marketplace per mettere in contatto acquirenti di farmaci e farmacisti.

Leggi l’articolo su Il Sole 24 Ore

NORME E TRIBUTI

Farmaci senza prescrizione, legittimo il marketplace online fra farmacie e clienti

di Samuele Barillà

13 agosto 2024

Nell’annosa questione della vendita di farmaci online si inserisce la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 29 febbraio 2024, emessa nella causa C-606/21.

Il contenzioso nasce in Francia tra una società commerciale, che ha creato un sito internet nel quale le farmacie possono acquistare spazi per mettere in vendita farmaci non soggetti a prescrizione medica, e un’associazione di farmacisti che contesta il suo operato.

I farmacisti sostengono che la società viola la riserva dell’attività di vendita online ai farmacisti, riserva che opera a macchia d’olio in Europa e vale, ad esempio, in Francia e Italia, ma non in Germania.

La società sostiene di non violare norme perché si limita a offrire lo spazio web, dietro compenso, ma non percepisce guadagni dall’intermediazione sulle vendite che i suoi clienti (le farmacie) eventualmente concludano.

La sentenza, cui si arriva dopo un giudizio nazionale che dà sostanzialmente torto alla società di gestione del sito web, si assume il compito di definire il significato giuridico dei marketplace online, quantomeno rispetto al mercato regolato della distribuzione farmaceutica.

I quesiti posti dal giudice nazionale riguardano due questioni: la prima è la possibile qualificazione dell’attività della società come «servizio della società dell’informazione»; la seconda è la facoltà degli Stati membri di vietare la vendita online di farmaci a chi non è farmacista.

La Corte ha risposto affermativamente al primo quesito: la società è un servizio della società di informazione che mette in contatto inserzionisti/venditori e i loro potenziali clienti. È, dunque, quel che si definisce un marketplace e come tale non esercita direttamente l’attività di vendita online al pubblico.

Quanto al secondo quesito, la Corte distingue tra la condotta di chi venda direttamente i farmaci, senza avere la qualifica di farmacista, e chi si limita a mettere in contatto farmacisti e clienti.

Nel primo caso – sostiene la Corte- l’autorizzazione a svolgere l’attività di vendita online è di competenza esclusiva degli Stati membri e, quindi, le autorità francesi possono riservare la vendita a distanza al pubblico alle sole persone aventi la qualifica di farmacista. Nel secondo caso, invece, quello dei marketplace, lo Stato membro non ha facoltà di vietare il servizio per la carenza di qualifica di farmacista.

Quanto alle ricadute sul mercato e nel contesto legislativo italiano, la sentenza ha toccato alcuni punti importanti. La normativa sulla vendita online dei farmaci in vigore in Italia è redatta in attuazione della direttiva del Parlamento europeo 2011/62/UE e contenuta, in particolare, nel Dlgs 17/2014.

Nel nostro paese la vendita online di farmaci con prescrizione è illecita (articolo 147, comma 4 bis, Dlgs 219/2006), mentre la vendita online di farmaci senza prescrizione (cosiddetti Sop e Otc) è concessa solo su di un sito di proprietà della farmacia (circolare Dgdmf protocollo 0025654 del 10 maggio 2016).

In Italia è anche vietata la pratica del dropshipping, cioè la vendita di un prodotto senza possederlo materialmente nel proprio magazzino, attraverso piattaforme di logistica o distributori autonomi.

È evidente che questa pratica commerciale si intrecci e si sovrapponga a quella della vendita di altri prodotti sanitari e cosmetici e così renda l’applicazione delle norme non sempre facile, oltre che delicata in termini di tutela della salute e dell’affidamento del pubblico.

Resta fuori dall’indagine offerta da questa pronuncia il punto dolente della distribuzione a domicilio dei farmaci (home delivery), da parte di un terzo che non sia il farmacista (supplier o distributore), consegna che, però, è implicita nella pratica della vendita a distanza e che continua a generare dubbi anche in relazione all’utilizzo di App e servizi online creati sul modello della distribuzione del cibo a domicilio.

In Francia un gruppo di farmacisti ha presentato alla Direzione generale per le imprese del ministero dell’Economia e delle Finanza un progetto di portale e-commerce gestito direttamente dalle farmacie francesi da mettere online all’inizio del 2025.

Il portale funzionerebbe esattamente come un marketplace, creato da farmacisti per farmacisti, che consentirebbe di attuare vendita online e home delivery di farmaci con ricetta, senza violare i limiti imposti dalla legislazione nazionale.

 

Si riparla di deblistering con l’arrivo della sperimentazione in Liguria

Il deblistering, la pratica di sconfezionare e riconfezionare in maniera personalizzata i medicinali per favorire l’aderenza alla terapia di pazienti cronici o in pluriterapia è ancora priva di una disciplina organica a livello nazionale.

L’esperienza regionale sul deblistering dei farmaci

Le esperienze regionali si sono moltiplicate in questi anni, come abbiamo ricordato in questo articolo del blog e, con una mozione del 9 luglio scorso, a Lombardia Veneto Emilia Romagna e Lazio, si aggiunge ora la Liguria (Fonte FPress).

Il provvedimento, adottato all’unanimità dal Consiglio regionale ha espressamente ribadito l’intenzione di promuovere un progetto operativo per identificare le migliori modalità con cui sviluppare il modello di deblistering.

Il deblistering veterinario

Sull’utilità del servizio di deblistering sembrano essere tutti d’accordo, ma l’assenza di una disciplina organica, costringe le Regioni ad esperienze di sperimentazione.

La Lombardia  ha pubblicato già nel 2011 le sue linee guida e le esperienze sui farmaci veterinari su base nazionale, avviata con la bozza di Decreto legislativo di attuazione del Regolamento Ue 2019/6, consente già ora ai farmacisti di confezionare direttamente i medicinali veterinari nella quantità più aderenti al piano terapeutico indicato dal veterinario curante.

 

Il deblistering come buona pratica terapeutica

Il servizio di confezionamento personalizzato dei farmaci nelle farmacie della Regione sarà a supporto dell’aderenza terapeutica di quei pazienti, spesso fragili e anziani oggetto di politrattamenti, che potranno giovarsi della fornitura, da parte delle farmacie, della terapia personalizzata, così da ridurre gli errori, migliorare l’efficacia e in generale la gestione dell’esperienza terapeutica.

I vantaggi del deblistering sono notevoli, per i pazienti soprattutto, ma anche per ambiente e farmacisti.

Le criticità, invece, a cui il modello di riconfezionamento può esporsi riguardano tuttavia alcuni aspetti non secondari, quali:

  • la comunicazione sugli effetti dei farmaci (bugiardini), che devono essere in quantità sufficiente a coprire le forniture personalizzate
  • le scelte di packaging delle confezioni da inviare ai farmacisti;
  • l’impatto delle scatole più grandi sulla logistica della distribuzione;
  • l’assenza di norme chiare sulla sicurezza degli ambienti di stoccaggio e i controlli sulle scadenze;
  • la necessità -eventuale- di richiedere nuove autorizzazioni (AIC);
  • la tracciabilità, marcatura anticontraffazione ed etichettatura dei farmaci;

e molto altro ancora.

L’adozione di nuove sperimentazioni normative su base regionale per il deblistering, se non arrivasse in tempi brevi un coordinamento a livello nazionale potrebbe influenzare, tanto l’industria produttiva dei farmaci, tanto la filiera della distribuzione.

 

L’Unione Europea procede nella revisione della normativa farmaceutica

Nell’aprile del 2023, la Commissione Europea ha deciso di adottare alcune proposte per la revisione complessiva della legislazione farmaceutica europea (EU General Pharmaceutical Legislation o EU Gpl).

Le proposte sono confluite nel testo di una nuova direttiva e di un nuovo regolamento che hanno l’intento di sostituire diverse direttive e regolamenti esistenti, applicabili a tutto il settore farmaceutico:

  • Regolamento 726/2004;
  • Direttiva 2001/83/CE;
  • Regolamento 1901/2006;
  • Regolamento 141/2000/CE sulle malattie rare.

La revisione delle norme si propone di armonizzare i provvedimenti e in particolare di garantire che i pazienti in tutta l’Unione europea abbiano accesso tempestivo ed equo a farmaci sicuri, efficaci e convenienti.

La direttiva apporta miglioramenti alle normative di sicurezza che riguardano l’approvvigionamento dei farmaci e mira a migliorare la disponibilità per i pazienti, indipendentemente dal paese dell’Unione nel quale vivono.

 

L’Unione europea un ambiente favorevole alla ricerca farmaceutica

Tra gli scopi dichiarati dalla Commissione spicca lo sforzo di rendere l’Unione Europea un ambiente favorevole all’innovazione e alla ricerca, attraente per gli investimenti e per lo sviluppo e la produzione di medicinali e farmaci sostenibili dal punto di vista ambientale.

L’ occasione di proporre emendamenti per migliorare ed efficientare la distribuzione farmaceutica in ambito UE è stata colta da GIRP, l’associazione europea dei distributori di farmaci che riunisce oltre 750 grossisti distribuiti in 33 paesi nel continente.

Con una proposta del 16 maggio 2024 GIRP ha chiesto alcune modifiche alla normativa che consentano di garantire un approvvigionamento il più omogenoeo possibile nel territorio europeo.

GIRP in particolare chiede una modifica all’articolo 56.3 che mira a rafforzare l’offerta dei titolari dell’autorizzazione all’immissione in commercio (Marketing Authorisation Holders) MAH, (corrispondente all’Italiana Aic), verso i distributori intermedi e gli altri soggetti autorizzati alla distribuzione (tra i quali le farmacie), così da rispondere alle esigenze dei pazienti che vivono nei diversi Stati membri.

 

Le modifiche richieste in favore dei grossisti farmaceutici full line

L’articolo 56.3 nella sua stesura attuale consente ai titolari di autorizzazione AIC di aggirare i grossisti farmaceutici full line nella distribuzione.

Una supply obligation verso i grossisti full line consentirebbe ai diversi canali di distribuzione di coesistere, garantendo al tempo stesso un accesso equo al mercato, secondo GIRP.

La concorrenza leale in questo ambito sarebbe di supporto alla diversificazione degli attori della distribuzione e favorirebbe l’intera filiera.

L’articolo 166 della proposta di direttiva prevede inoltre l’obbligo per i grossisti farmaceutici full-line di garantire in maniera continuativa la fornitura adeguata di medicinali.

L’associazione GIRP chiede quindi che venga garantita a livello europeo la obbligazione di fornitura a carico dei titolari di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), facendo notare che attualmente non tutti i distributori all’ingrosso sarebbero in grado di rispettare i requisiti richiesti.

L’impegno delle aziende di distribuzione intermedia del farmaco infatti, per quanto intenso, non riesce a garantire di soddisfare la domanda di pazienti e farmacie e gli episodi di carenza di prodotti medicinali critici si sono ripetuti nel corso dei mesi scorsi.

Gli equivoci sulla consegna a domicilio dei farmaci

Di home delivery o consegna a domicilio di farmaci si parla spesso e da tempo. L’attenzione di operatori e interpreti sul fenomeno e sulla disciplina che lo regola viene ciclicamente attirata da eventi, notizie e persino da sentenze della Suprema Corte.

Da una parte ci sono norme piuttosto chiare e linee guida addirittura stringenti (ne abbiamo parlato anche in questo articolo), dall’altra evidenti tentazioni del mercato di superarle o bypassarle per creare nuovi “servizi” e nuove marginalità.

 

Le buone pratiche di distribuzione dei farmaci

La filiera, già provata dalle sfide a dir poco eccezionali degli ultimi anni, tra emergenza pandemica, l’impennata dei costi energetici a causa dei conflitti e le sempre nuove difficoltà di reperimento delle materie prime, resiste e richiama, attraverso i suoi rappresentanti, al rispetto delle regole.

Le buone pratiche di distribuzione europee parlano chiaro. Sono recepite dal Decreto Ministero della Salute 6 luglio 1999  secondo il quale i medicinali vanno trasportati in modo tale che:

  • il loro documento di identificazione non vada smarrito;
  • non contaminino o siano contaminati da altri prodotti o materiali;
  • siano previste misure adeguate in caso di spargimento di prodotti o rottura dei contenitori;
  • siano al sicuro, cioè non sottoposti a calore diretto, freddo, luce, umidità o altre condizioni sfavorevoli, né all’attacco di microrganismi o di insetti.

Alcune iniziative che hanno consentito l’utilizzo di terze persone per la consegna di farmaci alle persone impossibilitate a recarsi in farmacia, hanno sempre rispettato il carattere della volontarietà e gratuità della prestazione.

Nell’aprile del 2020 l’iniziativa di Federfarma, ad esempio, prevedeva un protocollo siglato coi volontari della Federazione Motociclistica italiana e ha consentito a numerosi cittadini che non potevano muoversi, di ricevere i farmaci a casa durante il lockdown.

Una iniziativa analoga in favore dei malati di SLA ha preso il nome di Angeli in moto.
Molto più recentemente, nell’aprile del 2023, è stata Pharmercure che con l’adesione a BiciclAbile, un progetto di iniziativa solidale nata a Torino, ha inserito l’elemento della sostenibilità, ma modificato il modello di business, non più basato sulla volontarietà.
Dalla piattaforma per l’impiego di bici di seconda mano alla APP per la prenotazione della consegna da parte di un rider il passo è stato breve, ma, da un punto di vista strettamente giuridico, la rivoluzione è copernicana.

 

La consegna a domicilio dei farmaci non può sfuggire alle regole

Si inserisce infatti un terzo soggetto, tra farmacia e utente, che professionalmente (cioè dietro compenso), consegna tanto parafarmaci quanto farmaci con prescrizione al paziente che li ha acquistati in farmacia.

Come gli addetti del lavoro sanno bene, anche la Corte di Cassazione (sentenza numero 48839 del 10 novembre 2022), si è occupata della consegna a domicilio di farmaci. Lo ha affrontato sotto il profilo penalistico della sussistenza del reato di esercizio abusivo della professione di farmacista.

La Suprema Corte ha escluso il reato nel caso di accordo tra farmacista e alcuni negozianti che consentiva il ritiro dei medicinali (acquistati in farmacia), presso i loro negozi.

Nei commenti a questa sentenza, si leggono però argomentazioni non del tutto calzanti, come quella che vorrebbe i servizi di consegna a domicilio dei farmaci basati sullo schema del «mandato con rappresentanza».

In sintesi, l’acquirente darebbe mandato al rider di provvedere al loro ritiro e alla consegna a domicilio dei farmaci.

Lo schema, sostengono i commentatori, è lo stesso applicabile al caso di un figlio o congiunto che porta i medicinali ai genitori o nonni malati e impossibilitati.

Questa interpretazione, in realtà, non può avere valore universale ed è piuttosto semplicistica. Trascura infatti la ratio delle norme che regolano la distribuzione del farmaco e in particolare il prevalente interesse pubblico alla sicurezza dei pazienti / utenti.

Se nello schema Farmacista/persona che provvede al ritiro e alla riconsegna/paziente,  il mandatario con rappresentanza è il figlio, l’aspetto volontaristico è preponderante e lo schema regge. Se invece chi consegna a domicilio i farmaci è un’impresa che svolge professionalmente il servizio, attrae inevitabilmente a sé tutti gli obblighi e i doveri connessi all’attività professionale, quindi non può evitare il rispetto delle norme per la conservazione, consegna e trasporto del farmaco.

Del resto, il paziente che usufruisce del servizio, per non parlare del farmacista, coltivano un’aspettativa a che il servizio di consegna a domicilio dei farmaci sia reso con la tutela e nel rispetto della disciplina di settore. E lo schema non regge.

 

La Falsified Medicine Directive e il suo impatto sulla distribuzione dei farmaci

In ultimo, con l’entrata in vigore della FMD (Falsified Medicine Directive), nel 2025, che punta a rendere impossibile ogni alterazione del tracciamento del percorso del farmaco dalla casa produttrice all’utente, queste esperienze dovranno confrontarsi con ulteriori ostacoli di tipo normativo.

La tracciabilità e la serializzazione sono processi avviati dalla FMD consentiranno di raggiungere quattro obiettivi dichiarati: 

  • la verifica del farmaco 
  • la conformità agli standard 
  • la sicurezza della sua circolazione 
  • l’aggregazione dei dati nazionali e comunitari. 

Per approfondire questo aspetto leggi l’articolo: FMD e innovazione nella distribuzione farmaceutica