Farmaci carenti, l’effetto domino che rischia di travolgere i distributori

Numerose tipologie di farmaci molto richieste dal mercato sono diventate carenti.

Tra queste alcune vengono segnalate con maggior apprensione (la lista non ha pretesa di essere esaustiva):

  • antipertensivi;
  • diuretici;
  • neurolettici;
  • antidepressivi;
  • antiepilettici;
  • pediatrici;
  • salvavita.

Le sigle che rappresentano la filiera della distribuzione hanno lanciato l’allarme e chiesto un confronto con il nuovo governo.

Le diverse concause alla base di questa situazione partono dall’aumento della domanda, impennata dopo l’emergenza pandemica e si sono aggravate per l’aumento dei prezzi di logistica e confezionamento dei materiali.

L’incremento straordinario dei prezzi di numerose materie prime e dei carburanti (di cui ci siamo occupati in un altro articolo di questo blog), impatta in maniera determinante sia sui margini dei diversi operatori della filiera che, inevitabilmente, sui loro rapporti contrattuali.

La differenza tra «farmaci carenti» e «rottura di stock»

Negli interventi che denunciano la mancanza dei farmaci a disposizione dei pazienti, si leggono due differenti espressioni, dal significato noto solo agli addetti ai lavori:

  • farmaco carente;
  • rottura di stock.

Nel primo caso è AIFA che dichiara un farmaco carente inserendolo nello specifico elenco quando riceve avviso dall’autorità europea EMEA o riscontra direttamente che un farmaco non è presente in modo sufficiente sul mercato.

La  dichiarazione di carenza ha diverse implicazioni come ad esempio la limitazione o persino il divieto di esportazione. 

La rottura di stock invece è la temporanea insufficienza del farmaco nei magazzini o depositi.

La rottura di stock può derivare da diverse situazioni di malfunzionamento nella catena di produzione e distribuzione del farmaco che generino una indisponibilità di medicinali per la distribuzione anche a fronte di una «non carenza» sul mercato.

 

L’allarme di Federfarma e AIFA per la carenza di medicinali

È di pochi giorni fa la lettera di Federfarma Napoli con la quale si denuncia una ulteriore carenza allarmante di farmaci, soprattutto pediatrici, che affianca la oramai cronica difficoltà di approvvigionamento di medicine salvavita o di uso comune.

La stessa Agenzia Italiana del farmaco (AIFA), impegnata nella tenuta e monitoraggio delle carenze di farmaci sul mercato ha denunciato l’aumento vertiginoso delle voci nell’elenco dei farmaci carenti, che sono passate da 2.500 del giugno 2021 alle oltre 3.100 dell’ottobre 2022.

In alcuni casi le carenze riguardano addirittura il principio attivo, come l’ibuprofene, disponibile solo in confezioni con dosaggi limitati; ma a preoccupare sono soprattutto le carenze di materiali coinvolti nel confezionamento, come plastica e alluminio.

 

L’impatto della crisi di materie prime e dei farmaci carenti sulla filiera e sui distributori

L’impatto di questa crisi sulla filiera e sull’anello strategico dei distributori è devastante. 

Le distribuzioni sono ridotte nel numero e nella frequenza e si ripercuotono con un effetto domino sui distributori intermedi e sulle farmacie.

Le conseguenze per gli utenti sono visibili a chiunque e gli sforzi di riorganizzazione o di ottimizzazione che ogni azienda si è impegnata a compiere non possono, da soli, essere sufficienti a contrastare questa crisi.

Un intervento complessivo sulla sanità e sulla organizzazione dei servizi territoriali non è più rimandabile. 

Andrebbe affrontato tanto in termini di ripensamento delle regole, tanto di abbandono del modello regionale (come evidenziato anche in questo articolo).

Vengono invocati sostegni diretti alle imprese, tuttavia, andrebbe ripensata la natura dell’obbligo di fornitura di farmaci carenti (di cui ci occupiamo in questo articolo), ma anche la catena produttiva che, come per altri settori, mostra ora tutte le defaillances create da delocalizzazione selvaggia e dipendenza per gli approvvigionamenti di materie prime.

 Avv. Samuele Barillà

Lo sviluppo dei servizi farmaceutici territoriali

L’esperienza pandemica può essere considerata come un eccezionale stress test a cui sono stati sottoposti tutti i sistemi sanitari. In Europa e nel nostro Paese in particolare, è emersa in tutta la sua drammaticità, la crisi nella quale versa la sanità territoriale e di prossimità, a causa dell’azione combinata del sistema di delega regionale e della riduzione delle risorse destinate.

Questi temi sono stati dibattuti anche In occasione della assemblea generale dell’Unione Europea delle Farmacie Sociali (UEFS) di Pisa, tenutasi poche settimane orsono, durante la quale gli operatori hanno discusso dello scenario e delle sfide che le farmacie e i distributori di farmaci dovranno affrontare nel prossimo futuro.

L’unione delle farmacie sociali europee e il richiamo ai servizi farmaceutici territoriali

L’unione, nata nel 1961 ha base a Bruxelles e conta 2.300 farmacie e una decina di grossiti-distributori in tutta europa (Belgio, Francia, Italia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito e Svizzera).

La vocazione storica delle farmacie sociali era quella di fornire accessibilità ai farmaci, ma col tempo ha dedicato impegno allo sviluppo della qualità delle prestazioni farmaceutiche.

Nel manifesto UEFS sono quindi inclusi sei impegni che hanno la finalità di garantire alla clientela un servizio di qualità in termini di informazione e assistenza.

Gli impegni dichiarati sono:

  1. conoscenza delle necessità dei pazienti per adattare loro i servizi offerti
  2. aggiornamento delle competenze dei farmacisti e dei loro collaboratori
  3. miglioramento della comunicazione tra i farmacisti e le altre figure addette alla cura del paziente nell’interesse di quest’ultimo
  4. partecipazione attiva all’informazione e all’educazione sanitaria della popolazione
  5. il favorire lo speciale rapporto farmacista-paziente fondato sulla qualità della comunicazione nel rispetto della discrezione richiesta in fatto di cure sanitarie
  6. consiglio e controllo anche oltre al momento della somministrazione del farmaco e mettere a disposizione dei farmacisti e dei loro collaboratori gli strumenti necessari a tal fine.

 

L’esperienza delle farmacie sociali in Europa

Sulla scorta delle positive esperienze di Francia e Belgio, riportat dal presidente nel suo resoconto: «In Francia quasi il 90% delle farmacie ha dispensato vaccini anti-Covid. Un risultato straordinario in larga parte dovuto al fatto che già da anni le farmacie erano state attivamente coinvolte nelle campagne antinfluenzali. In Belgio invece, la figura del ‘farmacista di riferimento’ (relativo alla possibilità che hanno i pazienti cronici di scegliere un unico farmacista che segua tutto il loro percorso terapeutico) ha giocato un ruolo determinante nella cura domiciliare e nella successiva riabilitazione dei cittadini ammalatisi di Covid».

La convinzione generale emersa dai lavori è che una maggiore integrazione della farmacia con il Servizio Sanitario Nazionale non riguarda la sola distribuzione dei farmaci per conto, ma affronta una riconversione più ampia e complessa che comprende la possibilità di fruizione di servizi terapeutici da parte dei cittadini, e della collaborazione dei farmacisti con gli altri professionisti della salute.

 

Il progetto di assistenza di prossimità e servizi farmaceutici territoriali nel PNRR

La riforma dell’assistenza di prossimità approvata di recente nel nostro Paese nell’ambito del Pnrr dovrebbe sancire il pieno rilancio della farmacia, ma suscita negli operatori non pochi dubbi.

Il pilastro della riforma sono le Case di Comunità ma nel progetto le farmacie hanno faticato a entrare e non hanno acquisito funzioni definite con chiarezza.

La farmacia territoriale – è opinione comune- deve ricavarsi un ruolo nella dimensione demografica del progetto ma la definizione di un bacino di utenza di 50.000 cittadini non può garantire la prossimità delle Case di Comunità, né nelle città nè, a maggior ragione, nelle aree rurali.

La pianta organica delle farmacie, con la loro presenza capillare invece sembra più adatta a colmare la distanza tra gli utenti e la fruizione di servizi di qualità.

 

avvocato Samuele Barillà