Il punto sulla vendita di farmaci online

La normativa sulla vendita on line dei farmaci in vigore in Italia è redatta in attuazione della direttiva del Parlamento europeo 2011/62/UE e contenuta, in particolare, nel Decreto legislativo n. 17 del 2014.

L’e-commerce di farmaci e materiale sanitario viene definito: «Vendita a distanza al pubblico di medicinali mediante i servizi della società dell’informazione». L’autorizzazione alla vendita è limitata ai medicinali senza obbligo di ricetta medica ed è consentita solo agli esercizi fisici: farmacie, società di farmacisti titolari di farmacie ed esercizi commerciali autorizzati.

Questa pratica commerciale si intreccia e si sovrappone a quella relativa alla vendita di altri prodotti sanitari e cosmetici e rende l’applicazione delle norme non sempre facile, oltre che delicata in termini di tutela della salute e dell’affidamento del pubblico.

In sintesi, in Italia hanno la facoltà di vendere farmaci online solo le farmacie autorizzate che possono farlo sul proprio sito internet.

Le tipologie di farmaci che possono essere oggetto di E-commerce sono:

– farmaci OTC (Over the Counter), ovvero i farmaci comunemente detti “da banco”;

– farmaci SOP (Senza Obbligo di Prescrizione).

Non possono essere venduti online i farmaci per i quali è necessaria la ricetta medica.

In Italia è anche vietata la pratica del dropshipping, cioè la vendita di un prodotto senza possederlo materialmente nel proprio magazzino, attraverso piattaforme di logistica o distributori autonomi.

 

L’e-commerce di cosmetici, integratori e materiale paramedicale

L’ingresso (almeno all’estero), delle grandi catene in questo mercato e la parziale sovrapposizione, nel linguaggio comune,  dei concetti di farmaco con quello di altri prodotti delle aziende farmaceutiche e cosmetiche di utilizzo curativo, crea ulteriore confusione e ha indotto le autorità nazionali a intervenire per fare chiarezza.

Una circolare del Ministero della Salute, ha affrontato il problema della vendita online di farmaci e stabilito che sia vietato:

  • l’utilizzo di applicazioni mobili per smartphone o tablet, comunemente chiamate APP;
  • l’utilizzo di piattaforme per l’e-commerce – anche dette ‘marketplace’;
  • l’utilizzo di siti web intermediari;
  • l’utilizzo di piattaforme tecnologiche che dal prodotto scelto dall’utente risalgono ad un venditore selezionato dal sistema.

Durante un’audizione davanti alla Commissione Industria del Senato del febbraio 2022 il consorzio Netcomm, ha presentato un pacchetto di integrazioni al disegno di legge Concorrenza dirette ad agevolare lo sviluppo del commercio online dei farmaci.

Tra queste, anche la modifica dell’articolo 112-quater del d.lgs 219/2006 così da consentire a farmacie e parafarmacie di vendere i farmaci senza ricetta «anche su siti web intermediari e piattaforme per l’e-commerce» per «ridurre i costi di transazione e consentire ai venditori l’accesso a una più vasta platea di consumatori».

Di questo argomento si occupano anche altri articoli pubblicati in questo blog:

Gli aumenti dei costi logistici impattano sui prezzi dei farmaci

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L’incremento straordinario dei prezzi di numerose materie prime, dei carburanti e, di conseguenza, gli aumenti senza precedenti dei costi di esportazione, hanno un impatto inevitabile sui prezzi al dettaglio di ogni tipo di merce, compresi, naturalmente tutti i prodotti medicali e medicinali.

Le maggiori agenzie internazionali hanno stimato che questi rincari proseguiranno per tutto il 2022 con il prevedibile effetto, per i Paesi del G20, che si arrivi ad un aumento ulteriore dell’1,5% dei prezzi al consumo.

L’influenza di questi aumenti sulla filiera di produzione e distribuzione dei medicinali è notevole e preoccupa gli operatori del settore.

 

L’allarme delle associazioni di categoria di distributori e farmacisti per l’aumento dei costi logistici dei farmaci

L’allarme arriva anche dal Girp, l’associazione europea dei distributori “full line che riferisce che circa i tre quarti di tutti i medicinali usati in Europa vengono distribuiti attraverso distributori sanitari a servizio completo e nella maggior parte dei paesi europei i margini sono regolamentati dal governo.

I distributori hanno dunque poche possibilità di controllare i propri utili di esercizio. L’Associazione invita le istituzioni e i responsabili politici dell’Unione Europea a «riconoscere l’impatto dei distributori come un collegamento vitale nella consegna sicura ed efficiente di medicinali e dispositivi e a collaborare con gli Stati membri per esplorare soluzioni praticabili a breve termine come sussidi sui costi dell’energia e del carburante e modifiche ai prezzi e rimborsi per compensare i grossisti per i loro costi crescenti».

La sollecitazione riguarda anche altre misure come la revisione degli attuali meccanismi di tariffazione e rimborso e l’applicazione di una remunerazione sostenibile per il settore, per supportare la sostenibilità finanziaria del servizio.

Bisognerebbe inoltre garantire che il costo della conformità sia trasparente per essere adeguatamente coperto dai diversi sistemi di remunerazione nazionali per i distributori di servizi sanitari.

I margini di profitto dei distributori di farmaci e delle farmacie, che sono determinati per legge, in una situazione come quella attuale, sono praticamente annullati dai rincari dei servizi di trasporto e movimentazione merci.

Il fatto, ricordano le organizzazioni dei distributori, è che la crisi colpisce un settore sofferente da anni «di criticità strutturali dovute alla sotto-remunerazione della distribuzione dei farmaci di classe A», il che mette a rischio, oggi, la stessa sostenibilità del servizio di consegna dei farmaci necessari alla comunità, la regolarità delle forniture alle farmacie e il contrasto alle possibili carenze di medicinali nei territori.

Gli operatori sono già stati messi a dura prova dalla crisi e dalla pandemia e ora dovranno fare i conti con rincari incontrollati che avvantaggiano le aziende più strutturate che fanno della gestione logistica un punto di forza.

Le possibili soluzioni richieste dalle associazioni dei distributori e dei farmacisti per rispondere all’aumento dei costi logistici sui farmaci

Le associazioni delle diverse categorie si stanno occupando dell’impatto dell’aumento dei costi logistici sui farmaci e si confrontano nel loro consueto rapporto dialettico.

Farmacisti, grossisti e distributori cercano di individuare possibili soluzioni in uno spettro che va dal riconoscimento di un credito imposta per gli aumenti di energia e carburante, alla necessità di modificare prezzi tenendo conto dei rincari della logistica, individuare luoghi e frequenza dei trasporti in maniera più flessibile per consentire di ammortizzare gli extra costi.

Il prezzo finale del farmaco di fascia A non ammette deroghe o aumenti, che sono invece possibili per i farmaci senza prescrizione e da banco, noti come SOP E OTC e, a maggior ragione impattano sui prezzi al consumo degli integratori.

Il problema è indubbiamente grave e peserà infine sui consumatori finali di tutti i prodotti farmaceutici.

 

avvocato Samuele Barillà

DDL Concorrenza le raccomandazioni di AGCM sulle misure di assortimento minimo dei farmaci

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nel 2021 ha sollecitato l’abolizione della norma (l’articolo 105 Dlgs 219/2006 ), che impone ai grossisti farmaceutici di detenere almeno il 90% di tutte le specialità medicinali autorizzate in commercio.

Il DDL Concorrenza, nel testo in votazione al Senato, ha recepito l’indicazione e prevede la soppressione della percentuale fissa del 90%.

La novella prevede, in particolare, che i grossisti siano tenuti a detenere un assortimento di:

  • medicinali oggetto di autorizzazione all’immissione in commercio e ammessi a rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale
  • inclusi tra questi anche i medicinali generici
  • i medicinali omeopatici rientranti in uno specifico regime di autorizzazione

in una misura che risponda alle esigenze del territorio a cui sia riferita l’autorizzazione alla distribuzione all’ingrosso, che secondo l’art. 100 Dlgs 219/2006, sono la Regione o la Provincia autonoma dove ha sede il magazzino del grossista.
Le esigenze del territorio saranno valutate dalla stessa Regione o Provincia autonoma sulla base degli indirizzi vincolanti forniti dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

La rimozione di ostacoli alla concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci

L’AGCM considera infatti la rimozione di questo limite come una misura di favore per la concorrenza perché non è stata sufficiente a contrastare l’indisponibilità territoriale dei medicinali, un fenomeno sempre più ricorrente e preoccupante per la collettività.

L’abolizione della misura, secondo l’Autorità, importerebbe minori restrizioni alle dinamiche concorrenziali e consentirebbe innovazioni di processo e incrementi di efficienza, senza compromettere il primario interesse della salute dei cittadini.

In questa ottica l’obbligo normativo di assortimento minimo, così come è formulato ora, in misura percentuale fissa, implica per i distributori all’ingrosso una notevole rigidità operativa che impedisce forme più efficienti e flessibili di organizzazione imprenditoriale.

Altri profili critici, oltre all’assortimento minimo, nella filiera di distribuzione dei farmaci

Probabilmente sarebbe più efficiente perseguire l’obiettivo della tempestività delle forniture dei medicinali sul territorio intervenendo sulle tempistiche massime di fornitura.

Queste sono già previste dallo stesso articolo che impone la fornitura del prodotto farmaceutico entro dodici ore dalla richiesta.

Anche volendo mantenere l’obbligo di dotazione minima di magazzino imposta, questo limite potrebbe essere configurato su quantità commisurate in maniera flessibile sulle esigenze ordinarie del territorio e non più in una misura percentuale fissa.

Se la norma fosse approvata in questa formulazione dal Senato, resterebbero da capire i dettagli organizzativi, come ad esempio, la determinazione della cadenza con la quale l’Autorità Regionale o Provinciale dovrebbe comunicare ai grossisti le variazioni delle esigenze e il limite temporale entro il quale i grossisti dovrebbero adeguarsi a questo cambiamento.

Le significative diversità tra Regioni o Provincie autonome, in termini di efficienza poi, potrebbero tradursi in appesantimenti gestionali per i distributori, che sono tutti da valutare.

Una parte del quadro resta immutato: la distribuzione di sostanze medicinali obbligatori

Anche quando dovesse essere eliminato il dovere di assortimento minimo, resta immutato il dovere del grossista di detenere i medicinali di cui alla tabella n. 2 allegata alla Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana, che elenca le sostanze medicinali la cui detenzione da parte delle farmacie è obbligatoria.

Gli obblighi di detenzione minima infatti non si applicano agli importatori di medicinali o a coloro che distribuiscono esclusivamente:

  • sostanze attive o gas medicinali;
  • medicinali utilizzabili soltanto in ambiente ospedaliero o in strutture assimilabili;
  • medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista;
  • medicinali non soggetti a prescrizione e medicinali di cui il medesimo soggetto detenga;
  • l’autorizzazione all’immissione in commercio o la concessione di vendita.

In questo momento, di difficoltà già grave, a causa dell’aumento ormai fuori controllo dei costi energetici, resta l’impressione che un aggravamento della burocrazia legata all’attività di distribuzione non possa che danneggiare una filiera già messa a dura prova dal periodo pandemico e dalla crisi economica.

 

avvocato Samuele Barillà